I lodi arbitrali che definiscono controversie inerenti o comunque connesse a pubblici lavori, forniture e servizi, saranno impugnabili davanti alla Corte di Appello, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.

È quanto stabilito dall’art. 48 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con Legge 7 agosto 2012, n. 134 e rubricato “Misure urgenti per la crescita del Paese”.

La norma, passata inosservata, anche per effetto della più significativa riforma sui c.d. filtri alle impugnazioni civili (art. 54 dello stesso D.L. “Cresci Italia”), introduce una deroga all’ordinario regime di impugnabilità dei lodi arbitrali che prevede, oltre ai rimedi della revocazione e dell’opposizione di terzo, la sola impugnazione per nullità, nei tassativi casi elencati dall’art. 829 c.p.c..
La deroga stabilisce, per i soli lodi considerati, la possibilità del Giudice di appello di riesaminare il merito della controversia e di sindacare eventuali errori di diritto degli arbitri.

Alla maggiore garanzia che ne deriva, presumibilmente giustificata dalla finalità di salvaguardare le casse pubbliche, farà da contrappeso un incremento delle possibilità di successo delle impugnazioni, che tuttavia ritarderà non di poco la definizione delle liti, vanificando il principale pregio delle controversie arbitrali.

Farà certamente discutere il fatto che il nuovo regime di impugnazione sia stato applicato “in corsa”, vale a dire anche ai lodi per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto legge, non era ancora scaduto il termine per l’impugnazione.

Perché, poi, non estendere l’applicazione della norma a tutti i lodi arbitrali resi nei confronti di pubbliche amministrazioni?

Infine, sarebbe stato apprezzabile, da un punto di vista sistematico, introdurre la deroga direttamente nel codice di procedura civile e non nei meandri di un decreto così variegato.

Avv. Paolo Caruso