Permesso di costruire e “verifiche civilistiche” da parte del Comune
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Interessante la decisione resa dal Consiglio di Stato, Sez. IV, il 6 marzo 2012 (la n. 1270) in tema di doveri che gravano il Comune al momento di istruire l’istanza per il rilascio del permesso di costruire con riferimento alla effettiva disponibilità dell’area in capo al richiedente ovvero alla sussistenza di limiti di ordine reale sul lotto relativo.
Il Supremo Consesso, infatti, ha stabilito il principio in forza del quale in sede di esame di una domanda di rilascio di un permesso di costruire, il Comune non è tenuto a complessi e laboriosi accertamenti, anche per non aggravare il procedimento, e non ha l’onere di appurare l’eventuale esistenza di servitù o di altri vincoli reali che limitano l’ampiezza del titolo di proprietà; qualora, tuttavia, tali limiti siano accertati il Comune non può ignorarli, pena un’insufficiente istruttoria.
La pronunzia in commento tenta, quindi, di operare un punto di mediazione tra l’esigenza di non ritardare in modo ingiustificato la conclusione del procedimento di rilascio del titolo ed il bisogno di effettuare una istruttoria degna di questo nome.
Sotto il primo profilo non può dimenticarsi il recente orientamento giurisprudenziale secondo cui “l’art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 69/2009, stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino; in base a tale disposizione, si deve ritenere che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica” (così Cons. Stato, V Sez., 28 febbraio 2011 n. 1271); sotto il secondo aspetto, però, è anche vero che l’Amministrazione è comunque tenuta ad effettuare delle verifiche onde evitare che, ad esempio, il titolo edilizio sia rilasciato in modo illegittimo e possa, poi, essere attaccato in sede giurisdizionale da soggetti legittimati a contestarlo.
Va osservato che secondo la giurisprudenza prevalente, i presupposti civilistici per ottenere il permesso di costruire non debbono di regola interessare la P.A., atteso che il titolo viene comunque rilasciato con la canonica formula del “salvi i diritti dei terzi”.
Invero, il Consiglio di Stato ha avuto già modo (Sez. IV, n. 7263/2005) di stabilire il principio per il quale il permesso di costruire si configura come un provvedimento amministrativo di conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia della zona, di natura assolutamente vincolata e non discrezionale; con ciò escludendo che il rilascio del titolo possa essere denegato, in presenza di intervento perfettamente conforme alle norme urbanistiche edilizie, per il fatto, in quella fattispecie assunto a motivo del diniego della domanda, che i realizzandi parcheggi, interessando un’area che i privati avevano ceduto al Comune ai fini di standard, creavano, di fatto, una servitù a carico di un bene pubblico.
Quindi, in buona sostanza, in questa materia il diritto dei privati resta all’interno dei confini dell’interesse dei privati stessi.
Avv. Rodolfo Murra
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