La soluzione all’evasione è nella mente dell’evasore (e nella semplicità…)
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Spesso e forse per non dare risalto ad altre gravi problematiche che colpiscono l’economia ed il bilancio dello Stato (stipendi elevati dei parlamentari, spesa pubblica incontrollata, ecc.) i mass media si soffermano sull’evasione fiscale.
Partendo dal principio che l’evasione fiscale non è mai giustificata, mi preme fare una breve analisi di cosa, a mio giudizio, spinge il cittadino c.d. “parassita” (termine usato dall’Agenzia delle Entrate nel famoso spot sul suo sito) a non pagare le imposte.
La complessità sta nel capire che, spesso, la mancanza o l’inefficienza dei servizi necessari porta il contribuente a pensare: “ma perché devo pagare in tasse oltre il 50% di quanto guadagno se lo Stato non mi fornisce adeguati servizi?”.
Ritengo che non sia il sistema adatto per risolvere il problema pensare che tirare fuori dal cilindro strumenti tipo la tracciabilità, il redditometro, lo spesometro, gli studi di settore, possa eliminare o, perlomeno, impaurire l’evasore spingendolo alla tax compliance.
Il sistema migliore, al di là di qualsiasi strumento repressivo, sta nel mettersi nei panni del “nemico” e cercare di analizzare cosa lo spinge ad evadere in modo da trovare, di conseguenza, sia la soluzione al problema che la comprensione della mente dell’evasore.
Dopo aver fatto questa analisi, ed aver garantito, anche attraverso l’ausilio di appositi strumenti di trasparenza, che i soldi riscossi saranno effettivamente utilizzati per migliorare la vita dei cittadini rendendo efficienti la generalità dei servizi (sanità, scuola, previdenza etc.), allora si potrebbe attuare un nuovo sistema di contrasto all’evasione, ad esempio prevedendo l’obbligo di tracciabilità per tutti gli acquisti (di privati cittadini e non) per qualsiasi genere merceologico, senza limiti di prezzo.
Acquisto un pacchetto di caramelle? Il commerciante sarebbe obbligato a richiedere un tesserino identificativo, proprio come si fa quando si acquistano i farmaci (anche se oggi è facoltativo), e il cliente sarebbe obbligato a consegnarglielo.
Il venditore lo passerebbe su un pos collegato con le banche dati dell’Agenzia delle Entrate in modo che, in tempo reale, sia la capacità di spesa dell’acquirente che la redditività del commerciante, sarebbero archiviate in tempo reale in un database a disposizione degli enti preposti. Niente tesserino? Niente acquisto e niente vendita!
Inoltre, si potrebbe prevedere il pagamento di tutti gli stipendi tramite bonifici, senza limiti di denaro (attualmente è fissato a mille Euro).
Insomma, tracciare qualsiasi tipo di transazione significherebbe sia eliminare l’evasione fiscale, sia sospendere i gravosi adempimenti fiscali. Non solo: si eliminerebbe anche il lavoro nero.
Poi, in caso di mancato rispetto di questa norma impositiva si dovrebbe ipotizzare una nuova fattispecie criminosa.
Allora sì che tutti i movimenti, tutte le assunzioni e tutte le transazioni verrebbero controllate senza distinzione di cifre e di beni.
Sicuramente si tratterebbe di una macchina complessa, ma anche creare centomila strumenti di controllo non è una cosa semplice da gestire e che, a mio giudizio, costa tanto di più.
Ivano Laurenzi
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