Conversazione con Pier Luigi Celli, Direttore Generale della Università Luiss Guido Carli
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Cosa attende i giovani avvocati dopo il percorso universitario?
Abbiamo incontrato il Dott. Pier Luigi Celli, Direttore Generale della Università LUISS Guido Carli.
Avvalendoci delle sue importanti esperienze, sia nel mondo del lavoro sia in quello della formazione, abbiamo cercato di mettere a fuoco la questione nel vivo del panorama italiano.
L’inserimento nel mondo del lavoro è difficile. Alcune scelte, forse, possono facilitarlo. Lei cosa consiglierebbe?
Oggi le imprese e le professioni hanno tutti tempi stretti per incardinare risorse all’interno della loro organizzazione.
Hanno bisogno quindi che gli arrivino già dei “semilavorati”. Il che vuol dire che i laureati, ad esempio, non possono contare più solo sulla laurea. Devono poter esporre qualche esperienza che abbia consentito di assaggiare già responsabilità, relazioni cooperative, resistenza allo stress e alla fatica, perseguimento di obiettivi.
Giovani avvocati, molti dei quali con ottimo curriculum, non hanno un corrispettivo economico adeguato. Cosa propone per cambiare questo sistema?
Una maggiore generosità da parte degli studi professionali e anche un’attenzione personale.
In questo periodo di crisi, ritiene che gli studi associati, sul modello di quelli americani, possano migliorare la condizione dell’avvocato, almeno di quelli giovani?
Solo se continua la formazione dei nuovi entranti, con attenzione ai loro percorsi di crescita e la gradualità nell’assegnazione di compiti e di obiettivi, una valutazione condivisa dei progressi raggiunti.
L’art. 10 della Legge n. 183 del 2011 consente a soggetti non professionisti di investire nelle società per esercizio di attività professionali regolamentate dagli Ordini. Le associazioni più rappresentative degli Avvocati contestano questa possibilità, perché ritengono che essa pregiudicherebbe la loro autonomia nelle scelte difensive, nonché il diritto di difesa del proprio assistito. Qual è la sua opinione?
Teoricamente “Omnia munda mundis”. Il problema è chi certifica la “purezza” delle intenzioni e degli interessi.
In Italia, soprattutto negli ultimi anni, il merito è stato sottovalutato, come Lei ha evidenziato più volte. C’è speranza di vedere invertita questa tendenza?
Solo se l’esempio viene dall’alto. Il che è una bella scommessa con la tradizione che ci contraddistingue.
Consiglierebbe anche ai giovani avvocati di trasferirsi all’estero? Sarebbero culturalmente in grado di affermarsi?
Un periodo all’estero è utile a tutti. Il confronto aiuta a crescere ed ad allargare la testa. Affermarsi è tutta un’altra storia.
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