Arredare uno studio legale con un po’ di scenografia

Scritto il 16/12/2012, 03:12.

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Antonello da Messina "San Girolamo nello studio", immagine di pubblico dominioNel caso si volesse arredare uno studio legale con un poco di atmosfera scenografica ci si deve districare in una pluralità di prototipi che rispondono a norme geometriche dell’arredamento e a nessi logici funzionali, economici e politici della realtà sociale.

L’uso ricorrente di arredi in scala industriale non nuoce, ma sono pessimi il guazzabuglio, l’abborracciato, il ridondante e l’incuria, la disorganizzazione e il disordine.

Se la composizione dello spazio è armonica e l’atmosfera predispone alla chiarezza il rapporto tra colleghi è produttivo, e l’incontro con i clienti diventa facile, sempre che la scelta dell’arredo tenga conto dei soggetti umani.

Ci sono tipologie di individui e arredamenti tipo, tuttavia, se è ovvio che gli studi legali si somiglino se differenziati dagli studi medici, ogni studio legale è un caso a sé, è l’espressione di chi ci lavora teso a stabilire un equilibrio con se stesso e il mondo esterno, cioè con la realtà in cui vive attraverso gli oggetti, la loro disposizione nello spazio e l’incontro con le persone.

Dunque, un poco di scenografia non guasta, poiché “nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu” e le caratteristiche psicofisiche dell’ambiente dove si trattano questioni legali sono essenziali.

A primo sguardo l’ambiente deve essere accogliente: dalla scrivania senza sovraccarico di carte è bene inquadrare la porta con il percorso porta-finestra di facile accesso; la scelta di librerie, scaffali e armadi deve rispondere a un sistema di archiviazione ragionato caso per caso secondo uno schema di controllo; le zone di luce e ombra devono equilibrarsi con i posti a sedere opportunamente bilanciati e distinti per disposizione colloquiale, di studio e di lavoro.

La regola da seguire è il tutto in relazione al resto e il resto in relazione al tutto.

Per esempio: le piante (aloe vera, edera, ficus, filodendro…) che purificano l’aria da sostanze nocive; gli specchi che riflettendo luce, attirano energia e creano più prospettive; i quadri ben scelti che richiamano attenzione sulle pareti bianche, il bianco è il colore che si accorda con tutti gli altri, e se non ci sono quadri le pareti sono comunque preferibili di colore chiaro, il colore scuro richiede molta più illuminazione.

Arredare uno studio legale con un poco di scenografia è immaginare come la realtà – divenuta attraverso la filmologia suggeritrice di contenuti emozionali condivisi – sia soggetta a cambi di atmosfere e di ingegni, di tecniche psicofisiche e costruttive.

Dunque, buona regola, per ogni arredamento scenografico è ricordare quanto scriveva Bruno Zevi dell’architettura:

l’architettura, non è solo arte, non è solo immagine di vita storica o di vita vissuta da noi e da altri; è anche e soprattutto l’ambiente, la scena ove la vita si svolge” (Bruno Zevi, Saper vedere l’architettura, Einaudi, Torino, 1974, p. 32).

La scena dove si svolge il lavoro dell’avvocato deve corrispondere al giuramento fatto per l’esercizio della professione, deve innanzitutto dare dignità all’ambiente, né troppo sfarzoso né misero, sobriamente elegante, ordinato negli arredi essenziali e giustamente illuminato. È di “illuminazione” che si tratta quando si fa scenografia e quando si ragiona sull’idea per difendere il cliente.

Umberta Cesarano

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