La crisi nella genesi del suicidio

Scritto il 18/03/2013, 11:03.

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SeppukuLa crisi è l’unico dato oggettivo da cui deve inevitabilmente partire la nostra indagine, una crisi che ha inginocchiato il mondo non solo se analizzata sul piano economico ma soprattutto se letta in chiave psicologica e sociale.

Quello che resta particolarmente impresso nella mente di chiunque si fermi un attimo a riflettere è l’epilogo tragico delle storie fin qui note; un epilogo che ha un nome ben preciso: Suicidio.

Appare dunque inevitabile immaginare un parallelismo tra crisi e suicidio, perciò è proprio di questo che oggi vogliamo parlare, di cosa genera nella mente umana e più ancora “nella mente sociale” la percezione di un futuro nebuloso e di un presente tanto doloroso quanto insostenibile.

C’è una crisi economica, una crisi d’identità sociale, una crisi di appartenenza, una crisi d’ideali, insomma, una crisi per tutte le stagioni; una crisi che gli uomini oggi, nella realtà multimediale dell’informazione, non sono più in grado di tollerare.

La frustrazione parte dalla comunicazione o meglio dalle modalità con cui viene “comunicata”, se infatti Watzlawick ne definì gli assiomi, vediamo come oggi quest’impossibilità di non comunicare sia la stessa genesi di una comunicazione malata, una specie di terrorismo mediatico che usa parole forti per intimorire il cittadino che a sua volta non ha gli strumenti necessari per decodificare un’informazione complessa.

Lo stato e i cittadini non usano lo stesso codice, da qui nasce la prima disuguaglianza, la prima incomprensione, quello che in altri termini crea una differenza di peso e di misura.

L’uomo comune non ha un metro univoco e corretto per misurare l’effettiva incidenza dei fenomeni sulla sua piccola realtà, da qui, non è neppure in grado di valutare correttamente l’impatto della crisi sulla sua attività.

Che la situazione economica del Bel Paese sia piuttosto complessa è ormai una certezza, ma la verità non va cercata in questo, la motivazione profonda che porta l’uomo a compiere gesti estremi come il suicidio non è da ricercare nella crisi ma nella coscienza; l’incertezza economica è solo una delle tante spinte motivazionali verso quello che possiamo definire “fine” e contemporaneamente “inizio”.

È infatti l’impatto con il problema “esistenziale” a darci modo di soppesare il gesto suicida nel suo più profondo significato, in quanto il suicidio è un atto che implica un rapporto profondo, seppur fortemente conflittuale, con la vita.

Comprendere il significato della morte significherebbe poter afferrare quanto di più nascosto è presente in ciascuno di noi, ma significherebbe anche affrontare il terrore inconscio di un annullamento e di una rinascita, solo attraverso la morte, infatti, si potrebbe eventualmente “catturare” il significato di una vita.

Pensionati, imprenditori, professionisti, operai e precari, a loro modo e attraverso i loro gesti non cercano una fine, se mai, urlano contro una morte che percepiscono come “certa”, perché il loro gesto “ultimo” non è un abbandono all’oblio bensì una riaffermazione di vita: il sogno di una vita nuova che possa compensare il fallimento della realtà attuale.

Attraverso il suicidio queste persone cercano di esorcizzare fantasmi interni di rivendicazione nell’affannosità di trovare a tutti i costi una ulteriore possibilità; una catarsi in cui il corpo soccombe ma lo spirito rinasce, il desiderio di una pace profonda in cui è forte il desiderio di vivere una vita diversa.

È questa una società in cui il denaro riveste certamente una posizione di grande spicco, ma viene da chiedersi, quanto vale la vita di un uomo?
Chiunque può porsi questa domanda e vedremo come ogni risposta differirà dall’altra nel contenuto ma non nella sostanza perché gli uomini sono tutti uguali, seppur con delle varianti, e hanno gli stessi bisogni e le stesse spinte interiori.

La sicurezza è un bisogno così come lo è la certezza di un futuro ed è per questo che prima di pensare ai debiti sarebbe opportuno pensare ad una vita degna di essere definita tale, la vera soluzione non andrebbe ricercata in complessi piani finanziari quanto più che altro in un aiuto concreto per il raggiungimento di una forte consapevolezza, senza la quale non è possibile orientarsi correttamente in un mondo che è come una moderna Babele dove in troppi parlano ma in pochi comunicano realmente.

Dr.ssa Flaminia Bolzan Mariotti Posocco, Criminologa
www.logichecriminali.com

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