Parametri sui compensi degli avvocati: a che punto siamo? Le pronunce della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato

Scritto il 6/02/2014, 12:02.

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avv_rubeoIl 7 novembre 2013 la Corte Costituzionale ha emesso l’Ordinanza n. 261/2013 secondo la quale “è legittima l’applicazione dei nuovi parametri forensi anche ai processi in corso e alle attività già svolte prima della loro entrata in vigore”.

La Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione sollevata dai Tribunali di Cremona e Torre del Greco con riguardo all’articolo 9, commi 1, 2 e 5 del Dl 1/2012 e del Dm 140/2012.

Dunque i parametri attraverso cui si determina la liquidazione dei compensi non sono da considerare retroattivi né, tanto meno, commisurati alla presentazione degli atti.

Detti Tribunali, avevano infatti sollevato dinanzi alla Consulta la questione di legittimità inerente l’articolo del decreto 1/2012, laddove stabilisce che “le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali, sino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali…e non oltre il 120esimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione”.

La Consulta ha bocciato i ricorsi che avevano contestato la mancata retroattività dei compensi per le cause in corso di svolgimento, oltre a tutte quelle attività collaterali già compiute prima della resa in efficacia delle disposizioni del governo Monti.

La Corte costituzionale, ha ribadito il principio secondo cui: “i parametri dovuti ai legali siano da riscontrare nella loro attività professionale piena e non già nella presentazione di un singolo documento processuale, così come ai relativi onorari vigenti nel momento della realizzazione dell’atto”.

La Consulta si è pronunciata anche sulla denunciata violazione dell’articolo 24 della Costituzione, affermando che una “flessione generalizzata delle tariffe forensi non potrebbe che giovare per l’accesso dei cittadini alla giustizia e a giovarsi del diritto di difesa”.

Francamente, ad avviso di chi scrive, tale decisione sembra più dettatta da criteri di “real politic” che non da un attenta analisi giuridico costituzionale visto che la con la liberalizzazione dei costi e la contrattualizzazione della prestazione voluta sin dalla legge Bersani del 2006 gli Avvocati hanno certamente maturato dei compensi superiori a quelli che saranno posti in carico al soccombente come rimborsi delle spese legali. Non mi pare che questo determini un giovamento per “l’accesso dei cittadini alla giustizia” ma semmai l’ennesimo favore alle lobby delle banche e delle assicurazioni! Cioè coloro verso i quali più spesso i cittadini debbono fare causa per ottenere la tutela dei propri diritti vedendo invece disattese le proprie aspettative circa un effettivo rimborso dei costi processuali in caso di vittoria nel giudizio.

Altra pronuncia è quella che è stata emessa invece dalla Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato l’11 Novembre 2013 che ha espresso il proprio parere favorevole, il n. 4514.

In tal modo il Consiglio di Stato ha promosso lo schema di decreto attuativo che il Ministero della Giustizia, Ufficio Legislativo, aveva presentato in data 7 ottobre 2013.

L’art.13 della L.247/12, in linea con la previgente disciplina di cui al D.L. 1/2012 (art. 9), conv. in L. 27/2012, che ha disposto l’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate, ha infatti stabilito il rinvio a parametri stabiliti con decreto del Ministero vigilante per la determinazione dei compensi ai professionisti (D.M. 140/2012).

La norma disciplina specificamente le modalità di adozione del decreto ministeriale per la determinazione dei compensi agli avvocati, prevedendo che lo stesso debba essere emanato dal Ministro della Giustizia su proposta del Consiglio Nazionale Forense. Ne è derivato che, dal momento dell’entrata in vigore della legge 247/2012, il precedente D.M. 140/2012 non è più applicabile, dovendo la determinazione dei parametri di riferimento per la determinazione del relativo compenso avvenire sulla base della distinta procedura promossa dal CNF.

La proposta avanzata dal CNF ha avuto tra gli obiettivi quello di superare una delle maggiori criticità evidenziate dal pregresso sistema di determinazione dei parametri, vale a dire l’imprevedibilità dei costi del servizio legale, ma anche quello di ottenere un generale aumento dei parametri attualmente vigenti.

In relazione a ciò nel parere reso il Consiglio di Stato ha chiarito che “La schema di regolamento è diretto a prevedere una determinazione del compenso, svincolata da criteri quantitativi connessi al numero di atti difensivi redatti ovvero di udienze cui il difensore ha partecipato, in modo tale da stimolare la celerità del giudizio. In particolare, il Collegio ha osservato che la relazione illustrativa del Ministero di Giustizia prevede, con riferimento ai parametri numerici indicati in gran parte delle tabelle, un incremento significativo rispetto agli attuali.

Quanto al contenuto il Consiglio di Stato ha ritenuto di approvare la relazione del Ministero secondo il quale la proposta fatta dal Consiglio Nazionale Forense, registrava rispetto ai parametri numerici di cui al DM 140/2012 un incremento minimo del 50% e più spesso un raddoppio o una triplicazione dell’importo. Cosicché l’Amministrazione ha modificato al ribasso gli importi proposti dal CNF, intervenendo sull’importo medio con una riduzione del 25%. Inoltre, permanendo ancora una misura dell’incremento sensibilmente elevata rispetto ai precedenti parametri, il Ministero provvedeva ad un’ulteriore riduzione dei parametri numerici del 10%.

Il Consiglio di Stato ha altresì rilevato la necessità di affrontare (e risolvere) la questione concernente la misura dei parametri numerici individuati dall’Amministrazione, al fine di verificarne la legittimità decidendo però che quanto ai criteri per la definizione dei parametri, il comma 7 della legge citata non consente di esprimersi in ordine alla misura del compenso. Pertanto, secondo il Collegio, vi è impossibilità di formulare ulteriori osservazioni da parte del Consiglio stesso che “andrebbero ad impingere nel non consentito esame dello stretto merito della questione”.

Chiarito ciò il Consiglio ha ribadito “che i parametri indicati nello schema si applicano quando all’atto dell’incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell’interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge, va decisivamente osservato che la stessa norma primaria citata all’art. 13 stabilisce espressamente che la pattuizione dei compensi è libera”. I giudici, hanno infatti ricordato il principio della libertà della pattuizione dei compensi, ritenendo che “non può certamente non rilevarsi che la professione legale si inquadra, quanto ai compensi spettanti, in un contesto europeo, pressoché generalizzato, di libero mercato: di ciò risente la previsione di parametri che tendono al giusto compenso”.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto invece di dover intervenire con proprie valutazioni in ordine alla liquidazione delle prestazioni svolte in favore dei soggetti ammessi al Patrocinio a Spese dello Stato nella materia penale, per la quale, gli importi vengono ridotti nel regolamento ministeriale di regola del 30% a fronte del 50% in materia civile. Sul punto, infatti, pur condividendo solo parzialmente le ragioni dell’Ufficio Legislativo in merito alla specificità della attività di difesa in un ambito che investe la tutela di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, quali la libertà e la dignità della persona, secondo il Consiglio di Stato risulta irragionevole l’assunto alla base del minore abbattimento, identificabile sostanzialmente in una presunta maggiore dignità dell’attività defensionale nel settore giudiziale riferito. Per questo motivo viene suggerito un ridimensionamento del parametro in misura pari al 5/10%.

I nuovi parametri forensi hanno quindi superato anche il vaglio del Consiglio di Stato, a questo punto dopo la verifica finale da parte del Ministero della Giustizia, per eventuali integrazioni alla luce delle osservazioni del Consiglio di Stato il testo del provvedimento andrà in Parlamento per il parere non vincolante della Commissione Giustizia della Camera e quindi alla Corte dei Conti per la registrazione per poi finalmente essere pubblicato sulla  .

In merito alla delibera del Consiglio di Stato l’Avv. Nicola Marino, presidente dell’ Oua ha dichiarato: “Siamo soddisfatti, il Consiglio di Stato non ha operato stravolgimenti rispetto a quella che era la bozza trasmessa dal Consiglio nazionale forense alle istituzioni. I nuovi parametri forensi sono migliorativi rispetto a quelli attuali che sono assolutamente da fame, se si pensa che per un atto di precetto di un avvocato sono previsti 100 euro a fronte di 50 per la sola chiamata dell’ idraulico. Adesso però chiediamo che l’ iter per arrivare, prima al parere non vicolante da parte delle commissioni Giustizia di Camera e Senato e poi alla pubblicazione dei nuovi parametri, sia celere”.

Una ultima osservazione: nello schema di regolamento proposto dalle associazioni forensi al CNF, e da questo non seguito, era previsto il rimborso delle spese forfettarie cosa che i nuovi parametri omettono ancora una volta di prevedere, credo che questo sia un grave ennesimo danno per l’Avvocatura, soprattutto quella dedita alle difese di ufficio ed al Patrocinio a Spese dello Stato per i quali i parametri sono basilari.

Avv. Stefano Rubeo

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