Detenzione e dignità umana. Un matrimonio possibile in Italia?

Scritto il 29/06/2013, 05:06.

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immagine di pubblico dominioLa Corte europea dei diritti dell’uomo, con sentenza 8 gennaio 2013 Torreggiani c. Italia, ha dichiarato incompatibile l’attuale situazione carceraria italiana con l’art. 3 CEDU, che proibisce la tortura e i trattamenti inumani o degradanti; nella condanna si fa espresso riferimento al sovraffollamento nelle carceri e ai disagi che ne derivano, definendoli un problema strutturale e sistemico.

La Corte europea, nel caso di specie, quantificava il limite “vitale” della superficie della cella a disposizione di ogni detenuto in tre mq, al di sotto del quale si avrebbe violazione “flagrante” dell’art. 3 della Convenzione e dunque, per ciò solo, “trattamento disumano e degradante”, indipendentemente dalle altre condizioni di vita detentiva (ore d’aria disponibili o di socialità, apertura delle porte della cella, quantità di luce e aria dalle finestre, regime trattamentale praticato in istituto).

Con ordinanza del 13 febbraio 2013 il Tribunale di Sorveglianza di Venezia, seguendo le indicazioni fornite dalla sent. Torreggiani, si occupa dell’aspetto “preventivo” della tutela del diritto del detenuto a non subire in carcere una pena inumana e degradante: investito del ricorso di un detenuto condannato in via definitiva finalizzato a ottenere il differimento dell’esecuzione della pena proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento del carcere nel quale è ristretto (Padova), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 147 c.p. (che disciplina le ipotesi di differimento facoltativo della pena), nella parte in cui non prevede l’ipotesi in cui “la pena debba svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità”, per contrasto con gli artt. 27 co. 3, 117 co. 1, nonché 2 e 3 Cost.

Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ritiene di non superabile, in via di interpretazione conforme alla CEDU, il carattere tassativo delle ipotesi di differimento della pena ex art. 147 c.p., rendendosi pertanto necessario l’intervento del giudice delle leggi al fine di ampliare l’ambito di applicazione della predetta norma all’ipotesi in cui le condizioni concrete di esecuzione della pena risultino incompatibili con il diritto del detenuto di cui all’art. 3 CEDU, secondo la lettura del caso Torreggiani.

La questione di costituzionalità sollevata è, secondo il Tribunale, rilevante, poiché il detenuto de quo è ristretto in una cella in cui dispone individualmente di uno spazio inferiore ai 3 mq ed è, inoltre, non manifestamente infondata, in relazione sia ai parametri “nazionali” di cui agli artt. 2 e 3 (violazione della dignità umana e sociale del detenuto) e 27, co. 3 Cost. (divieto di trattamenti contrari al senso di umanità e finalismo rieducativo della pena), che al dovere di rispetto degli obblighi internazionali discendente dall’art. 117, co. 1 Cost., e specificamente quelli imposti a carico dell’ordinamento italiano dalla sentenza Torreggiani, che vincola il nostro paese a dotarsi di rimedi idonei a prevenire o far cessare le violazioni dell’art. 3 CEDU, oltre che ad assicurare ristoro pecuniario contro le avvenute violazioni.

La strada suggerita dal Tribunale di Venezia per rispondere al problema del sovraffollamento carcerario è stata seguita dal Tribunale di Sorveglianza di Milano che, con ord. 12 marzo 2013, solleva con motivazioni affini eguale questione di illegittimità costituzionale dell’art. 147 c.p..

Le suddette ordinanze costituiscono un tentativo di individuare un rimedio effettivo contro la violazione del diritto fondamentale del detenuto a un trattamento penitenziario umano e non degradante; il rinvio dell’esecuzione della pena costituisce una delle possibili modalità attraverso cui conseguire questo obiettivo: esso, infatti, comporterebbe il vantaggio di attribuire al giudice un potere discrezionale nella selezione dei soggetti condannati ai quali concedere il beneficio, nel quadro di un bilanciamento caso per caso tra i loro diritti fondamentali e le esigenze di tutela della collettività.

Dott.ssa Marta Tacchinardi

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