Difensori d’ufficio o difensori di fiducia dell’ufficio?

Scritto il 17/11/2011, 03:11.

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“Difensori di fiducia dell’ufficio”: questa la definizione data da una parte della dottrina alla figura del difensore d’ufficio delineata dal Codice di Procedura Penale del 1930.

Il difensore d’ufficio veniva scelto in modo discrezionale dall’autorità inquirente; non era previsto, per l’imputato, il diritto di essere avvisato del nominativo del difensore d’ufficio designato e vi era comunque l’idea generalizzata secondo la quale la difesa d’ufficio costituisse una sorta di “servizio legale”.

La situazione muta con la nuova struttura del processo penale del 1988 ma, soprattutto, con la riforma dell’istituto (legge n. 60 del 2001). Si puntualizza il diritto ad una difesa piena ed effettiva anche per l’indagato/imputato privo del difensore di fiducia.

A distanza di ben dieci anni dalla entrata in vigore della riforma si devono purtroppo evidenziare alcuni aspetti negativi.

In primo luogo è indubbia l’assenza di concrete garanzie in ordine alla competenza dell’avvocato che si iscrive negli elenchi dei difensori d’ufficio. Ciò dipende dalla legge (art. 29 disp. att. c.p.p.) in tema di criteri di accesso: l’iscrizione è di fatto indiscriminata, aperta anche a colleghi che non hanno mai esercitato la professione nel settore penale, atteso che è sufficiente frequentare un corso senza riportare più di un certo numero di assenze (gli iscritti nelle liste dei difensori d’ufficio a Roma nel 2006 erano 874, 965 nel 2007 e 1161 nel 2008, con un incremento superiore al 10% annuo).

Ritengo che l’unico strumento o, comunque, quello dotato di maggior concretezza al fine di far fronte a tale situazione sia rappresentato dalla “specializzazione” e dalla previsione della iscrizione agli elenchi dei difensori d’ufficio limitata agli avvocati che avranno conseguito il titolo di “specialista in diritto penale”.

Un altro aspetto sul quale non si può sorvolare è rappresentato dal ricorso sistematico alle sostituzioni ai sensi dell’art. 97, comma IV, c.p.p.. Tale meccanismo proietta l’imputato all’interno di una situazione che comprime irrimediabilmente il suo diritto di difesa.

Infatti, la previsione per cui, in assenza del difensore di fiducia o d’ufficio, il giudice designa di volta in volta un sostituto ai sensi del IV comma dell’art. 97, c.p.p. determina l’intervento nel processo di una girandola di difensori che non conoscono il fascicolo con il completo abbattimento del diritto di difesa.

Sul punto, non dimentichiamo che la stessa Corte Europea dei Diritti Umani (1^ Sezione, sent. 27.4.2006, caso Sannino) ha condannato l’Italia proprio per il sistema della difesa d’ufficio ed in particolare per l’uso eccessivo delle sostituzioni ex art. 97, comma 4, c.p.p., sottolineando il binomio inscindibile tra effettività della difesa e continuità nella difesa ed individuando nel giudice il garante della effettività della difesa anche da un punto di vista sostanziale.

In altri termini, si è finito per istituzionalizzare un meccanismo previsto dal legislatore al solo fine di far fronte ad una patologia: l’assenza del difensore.

È necessario essere franchi ed ammettere che una simile situazione ha origine nel comportamento deontologicamente non corretto di quei difensori d’ufficio che non si presentano in udienza senza fare istanza di legittimo impedimento. Viene poi alimentata da una parte della magistratura che si preoccupa più di garantire al processo una ragionevole durata piuttosto che una difesa piena ed effettiva all’imputato.

A questa parte della magistratura rispondo che la sostituzione a titolo definitivo del difensore d’ufficio che abbandona la difesa potrà anche determinare un rinvio dell’udienza, ma non dimentichiamo che le vere cause del “processo infinito” – come dimostrato dall’indagine svolta nel 2007 dalla Camera Penale di Roma con l’Eurispes – sono altre e nulla hanno a che fare con la difesa, per cui evitiamo speculazioni ideologiche su pretesi eccessi di garantismo.

Cosa dobbiamo fare noi difensori?

Recuperare la consapevolezza del nostro ruolo e della nostra funzione, anche quando esercitiamo il patrocinio quali difensori d’ufficio. È doveroso, quando veniamo nominati in sostituzione ex art. 97, comma IV, c.p.p. nei casi in cui è palese l’abbandono di difesa dell’originario difensore d’ufficio, sollecitare il giudice a garantire la effettività della difesa nominando un nuovo difensore.
Cerchiamo, in altri termini, di non fare i difensori di fiducia dell’ufficio.

Scriveva Oreste Flamminii Minuto che l’Avvocato è il “garante della lealtà dello Stato” e per questo si siede accanto all’imputato: ecco, cerchiamo di sentirci garanti della lealtà dello Stato sempre, anche quando, come difensori d’ufficio, ci sediamo accanto ad una sedia vuota.

Avv. Paola Rebecchi, Segretario Camera Penale Roma

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