Difesa d’ufficio – Un sistema che non funziona

Scritto il 11/12/2011, 06:12.

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Tre domande sulla difesa d’ufficio al Prof. Mauro Palma, Presidente del CPT: uno sguardo oltre i confini dell’Italia.

 

Quali sono le disfunzioni del sistema delle difese d’ufficio?
Il passaggio dalla più stretta difesa d’ufficio al sistema del gratuito patrocinio è avvenuto, con grandi speranze, nei primi anni del 2000. Oggi, purtroppo, bisogna constatare che il sistema non funziona. Potrebbe essere valido per il giovane avvocato che comincia a misurarsi con i problemi della sua professione, ma non è certamente ciò che ci si deve attendere per garantire una difesa piena ed efficace. Questa carenza si riflette su un problema più generale che riguarda il principio costituzionale di uguaglianza.

Soggetti tendenzialmente diseguali nella scena pubblica quotidiana dovrebbero avere, infatti, uguali opportunità in sede di giudizio. E, invece, proprio in quell’occasione la disuguaglianza si accentua perché le garanzie processuali non sono a disposizione di tutti i soggetti ma solo di quelli che possono disporre di una “difesa forte”.

Per il soggetto debole che non ha reti sociali protettive (l’emarginato sociale, l’immigrato e via dicendo) il processo è rapido, la pena è certa, e le garanzie previste non sono in concreto fruibili.

Dipende dagli avvocati? No, perché con i tempi dati per preparare la difesa, con la routine per assegnare il difensore al suo assistito e con il ruolo che implicitamente il giudice assegna all’avvocato, come dire, non di propria scelta, gli stessi legali si trovano in sostanza sotto una specie di forca caudina.

 

Quali soluzioni potrebbero essere attuate nell’immediato?
Nel breve periodo c’è una necessità di intervenire almeno su tre fattori.

Primo: i tempi per garantire al legale di esaminare il fascicolo, studiare il caso ecc..

Secondo: il pagamento dei legali che non avviene quasi mai, declassando, di conseguenza, tutto il sistema della difesa d’ufficio.

Terzo: i meccanismi di mediazione culturale tra il legale e l’imputato (nel caso più banale degli stranieri è, per esempio, fornire un interprete effettivo).

Il legale, anche il più volenteroso, ha tempi stretti, possibilità comunicative con l’imputato estremamente limitate. In poche parole è un sistema dove il difensore finisce col ricoprire un ruolo di garanzia formale al sistema anziché di tutela effettiva del soggetto; inoltre un sistema dove rapidità e difficoltà comunicativa possono determinare distorsioni in quella fase delicata e importante quale è il consigliare il proprio assistito.

 

Quali modifiche legislative ritiene possano essere auspicate per migliorare l’attuale sistema?
Io penso a un sistema di Difesa Pubblica che non significa ‘avvocatura dello Stato’, ma una rete protettiva stabile, così come c’è l’Accusa Pubblica. Come lo Stato si fa carico di rappresentare la collettività nell’accusare un imputato, allo stesso modo deve anche rappresentare la sua possibile difesa.

Di solito, gli avvocati temono che questo sia a detrimento del loro lavoro. Invece, a me sembra che si possa stabilire una specie di sinergia positiva.

In America Latina, per esempio, il sistema di Difesa Pubblica è diffusissimo. È chiaro che lì c’è un’altra tradizione. In Argentina, oltre al Procuratore dell’Accusa, c’è anche il Procuratore della Difesa. Esaminando processi riguardanti crimini gravissimi connessi alla dittatura, colpisce positivamente il constatare che lo Stato, che con l’abolizione della legge sull’amnistia aveva portato gli ex-generali alla sbarra, aveva altresì fornito la struttura della difesa: si è fatto così carico della doppia funzione. Questa dinamica si è sviluppata in molti paesi latino-americani come presidio di esistenza del bene pubblico dell’esercizio di giustizia in un territorio vasto, per lo più poco popolato, dove è spesso difficile sia accedere a una difesa privata, sia riconoscere la funzione non solo repressiva dello Stato.

Nel sistema della Difesa Pubblica è insita l’idea che anche difenderti e far agire le garanzie verso gli imputati è compito dello Stato. La rete che un sistema di Difesa Pubblica potrebbe creare avrebbe una funzione anche formativa per i giovani avvocati e, in generale, i giovani operatori del diritto, alle loro prime esperienze. Questa è un’ipotesi di riforma sul lungo periodo e indica, a mio avviso, una strada da seguire per ridare anche il giusto significato a un termine che ultimamente è stato spesso distorto: garanzie.

M.a.b.

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