Il vivere insieme, tema molto antico, oggi sembra essere un argomento particolarmente rilevante. In un mondo perennemente in emergenza, uno degli aspetti più importanti da monitorare è la convivenza (dal latino cum-vivere).

Esistono tre tipi di convivenza: affettiva, organizzativa (lavorativa) e sociale. Il Professor Francesco Avallone, Prorettore vicario dell’Università “La Sapienza”, durante una conferenza indetta dall’Ordine degli Psicologi del Lazio nel 2011, descrive i dieci fattori che le accomunano:

1) Rispetto delle norme, regole implicite ed esplicite
2) Riconoscimento dell’altro, tolleranza e diversità
3) Sicurezza e stabilità
4) Obiettivi comuni, efficacia individuale e collettiva
5) Giustizia nell’accesso alle risorse e nella gestione delle relazioni
6) Solidarietà e supporto dell’altro
7) Fiducia, speranza e confidenza
8) Attenzione all’altro e alla comunicazione
9) Interesse, potere nella relazione, equilibrio tra i ruoli
10) Piacere nella relazione, investimento energetico e novità.

Nelle tre forme di convivenza prima elencate, esistono patti impliciti che restano in carica per tanto tempo e per questo motivo occorre effettuare periodicamente la manutenzione della convivenza stessa.

Mentre nella convivenza affettiva o lavorativa si può determinare facilmente chi si occupa della manutenzione della relazione, in quella sociale e civile chi la effettua? Questa domanda filosofica potrebbe avere varie risposte, la mia mette in campo l’Arte e il suo alto ruolo sociale che riveste.

Quale miglior modo per comunicare valori, educare gli animi, trasmettere saperi e sviluppare la coscienza prima personale e poi sociale?

A tal proposito, per esempio, come vi sentite dopo aver visto una mostra fotografica che tratta temi ancestrali come “Genesi” di Sebastiao Salgado (da poco conclusa all’Ara Pacis)? O cosa provate dopo aver assistito a uno spettacolo teatrale di artisti che danno emozione alle parole? Vi sentite forse parte di un unico eco-sistema?

Alcuni esempi di best practice quale la recente costituzione della Fondazione Teatro Valle Bene Comune riecheggiano proprio i temi della partecipazione attiva, della cittadinanza partecipata, del confronto con le istituzioni nazionali e internazionali attraverso la drammaturgia, i linguaggi performativi, la musica, la composizione e la danza contemporanea.

Questa nuova istituzione culturale, sostenuta e presentata anche da Stefano Rodotà (conferenza stampa del 18/09/2013 presso il “Teatro Valle Occcupato”) quale nuovo modello istituzionale che riconosce il Bene Comune, si configura nello scenario italiano come il fiore all’occhiello dell’esperienza di libero accesso, di non discriminazione e non esclusione e di partecipazione diretta alle risorse.

Dott.ssa Mimma Chiara Cavarra, Psicologa