“Uno, Nessuno e Centomila” a lavoro!

Scritto il 10/05/2012, 10:05.

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La condizione del lavoratore di oggi, in particolare di quello che si affaccia al mondo del lavoro, ricorda la trama del romanzo di Luigi Pirandello “Uno, nessuno e centomila”.

Nell’attuale situazione lavorativa, caratterizzata da mobilità, precarietà e frammentarietà, il lavoratore si sente un “Nessuno”, poiché riveste ruoli molteplici e cambia spesso sedi lavorative.

Si deve adattare sia alle diverse culture organizzative (flessibili, rigide o miste) con cui si trova di volta in volta a contatto, sia alle relazioni già esistenti e consolidate tra colleghi. Indossa abiti appropriati a seconda delle varie situazioni e mansioni rivestite.

Come accade al protagonista del romanzo di Pirandello, Vitangelo Moscarda, il lavoratore soffre nel prendere coscienza di non essere per gli altri ciò che è per se stesso, o almeno ciò che crede di essere, perché ognuno gli attribuisce una personalità e un’identità in base a una funzione e un interesse differente.

Il relativismo, infatti, non sempre intensifica il valore dell’esistenza, anzi, spesso lo annulla.

L’uomo lavoratore si sente disorientato e frammentato a causa delle “Centomila” rappresentazioni di se stesso che ogni giorno percepisce.

Un giovane adulto che si forma e lavora può rivestire più ruoli: studente in una scuola di specializzazione o di dottorato, tirocinante o praticante in un contesto lavorativo, collaboratore o assistente in un altro ambiente, volontario o apprendista in un’altra situazione ancora.

Il quadro settimanale vario e imprevedibile fa da scenario alla condizione plurima in cui si trova a vivere il nuovo professionista.

Quale antidoto all’odierna situazione può esserci per un possibile processo di adattamento?

Come ci ricorda sempre “Uno, nessuno e centomila”, più che l’identità, influenzata dal relativismo interpretativo di soggetti e ambienti, occorre risvegliare un’anima lavorativa pura, libera dal giudizio e dalle contingenze. Nello specifico, la chiarezza degli obiettivi e la visione degli intenti, unite al valore etico dell’impegno, sono nutrimenti della centralità dell’essere sia personale che professionale.

Proprio la capacità di adattamento alle molteplici situazioni, competenza trasversale nuova rispetto al passato, crea un’apertura mentale utile e competitiva che, unita alla stabilità emotiva e alla centralità dell’essere, può diventare un requisito essenziale per affrontare con successo il nuovo scenario epocale che stiamo vivendo.

Mimma Chiara Cavarra, Psicologa

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