Fra le tante sentenze dei 20 TT.AA.RR italiani che ogni anno pubblicano oltre 45.000 decisioni vi è stata una recentissima sentenza che ha incuriosito chi scrive per l’argomento ivi trattato.

Parliamo della sent. Tar Umbria 9/3/2012 n. 79, in cui un dipendente della P.A. ha convenuto presso il Tar del luogo ove prestava servizio il Dirigente dell’Ufficio, il quale – con provvedimento del Comando Generale 01/04/2008 n. 249 – aveva negato la causa di servizio al suddetto dipendente afflitto da “emorroidi di terzo grado”.

La sentenza risulta ampiamente motivata sul punto dai Magistrati che hanno dovuto esaminare la vicenda delle suddette emorroidi, i quali hanno osservato testualmente che “…risulta dalla comune esperienza che la natura costituzionale della patologia, esclude di norma un nesso eziologico con il servizio stesso”, dato che si è ritenuto “che l’infermità di cui trattasi consista in una patologia costituzionale del sistema venoso sulla quale non influiscono le prestazioni rese dal ricorrente. Del resto, non risulta dagli atti che egli abbia subito traumi specifici, nel corso del servizio prestato, tali da provocare la malattia in discorso”.

A questo punto chi scrive, non essendo (grazie a Dio) personalmente esperto di tale malattia, è andato a consultare l’enciclopedia medica per ivi scoprire che le emorroidi consistono in una “affezione abbastanza frequente negli epatopatici e negli stiptici, consistente nella dilatazione varicosa delle vene dei plessi emorroidari, distinguendosi in e. esterne ed e. interne a seconda della loro ubicazione (all’esterno o all’interno dell’ano). Le e. esterne si presentano ben visibili come noduli conglomerati di color violaceo; le e. interne invece possono essere diagnosticate con l’esplorazione digitale o meglio con l’ausilio dell’anoscopio che ne permette la visione”.

La sentenza non precisa la natura delle suddette emorroidi che affliggono questo povero dipendente, ma – poiché dagli atti risulta che il Comitato di verifica cause di servizio di prima e di seconda istanza abbia esaminato con attenzione l’infermità – c’è da supporre che i predetti medici siano andati letteralmente “a fondo della vicenda” (non è una battuta), avendo dovuto compiere almeno la suddetta “esplorazione digitale”, se non addirittura l’introduzione del’”anoscopio” nella cavità corporale del ricorrente.

Chiarita la natura dell’infermità, l’enciclopedia conclude affermando “facili sono le emorragie per rottura delle e. specialmente dopo gli sforzi per la defecazione”, sicché in effetti (sulla base di detta conclusione enciclopedica) appare difficile comprendere in che modo lo sforzo intestinale per liberarsi effettuato dal dipendente, possa ricondursi al servizio svolto da quest’ultimo. Proprio per questo motivo il Tar Umbria ha rigettato il ricorso.
Avv. Marco Valerio Santonicito