Scritte offensive sui muri della Teulié – Il reato di vilipendio

Scritto il 10/04/2012, 08:04.

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“Oggi soldato domani interrato”. Soltanto una delle scritte intimidatorie che da poco adornano la facciata di una delle tante anonime caserme italiane nelle quali si è fatta la storia della nazione. Vittima eccellente è la Scuola Militare Teulié di Milano, istituto di formazione dell’esercito a due passi dal Duomo e a tre dal Naviglio Grande.

Senza scomodare gli ex-allievi (o già-allievi) di spicco – nomi purtroppo ‘scottanti’ come Cadorna e De Bono – o i vari Foscolo e Pellico che vi insegnarono, per descrivere la Scuola basta dire che da duecento anni essa educa i giovani al rispetto della legge con lo studio, l’attività militare e lo sport.

Forse, le geniali menti che hanno partorito l’originale idea di imbrattare i muri della Teulié non sanno che di soldati “interrati” quella scuola ne ha allevati molti: dietro la statua di Giulio Cesare, posta nell’omonimo cortile, alcune lastre di marmo ricordano i nomi di tanti allievi che persero la giovane vita combattendo; molti di loro hanno anche ricevuto piccole onorificenze, come medaglie d’oro al valor militare. Ma tutto ciò non conta: la libertà d’espressione è sovrana e quegli insopportabili arcaismi, quali il reato di vilipendio, sono per fortuna caduti nel grande dimenticatoio italiano.

E mentre qualche eroe della ‘guerra contro il sistema’ starà giustamente festeggiando il suo trionfo, gli allievi della Teulié (dai 16 ai 19 anni di età) probabilmente si staranno sorbendo la solita lezione di stoicismo dal titolo “noi siamo superiori” o “ascoltare le rivendicazioni e capire le motivazioni”.

Sarà banale, ma la domanda sorge spontanea: possibile che sia tutto qui? Possibile mai che ci si sia rassegnati alla tirannia della “libertà a tutti i costi”? Ma il vecchio slogan “la tua libertà finisce dove comincia la mia” che fine ha fatto? Il buon Prof. Esposito direbbe che in un mondo in cui “il senso è libero di esprimersi in uno degli infiniti sensi in cui è esploso il senso” il diritto “sta a vedere” quale senso prevale ed ex post lo legalizza. Filosofia del diritto a parte, possibile che il diritto si sia suicidato nella forma del “tutto è diritto” che equivale a dire “nulla è diritto”?

Una seria riflessione dovrebbe affrontare la società civile tutta, e i giuristi in primis: il diritto è un papà severo, e come ogni papà severo anche il diritto deve imporre le sue regole ai figli. Ricordiamoci tutti, prima che sia troppo tardi, che ci sono modi e modi, e che il fine, giusto o ingiusto che sia, non giustifica mai un mezzo illegale.

E, forse, quando sancivano che “Tutti hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero con […] lo scritto” i padri costituenti non intendevano scritte, ma scritti.

Matteo Sebastianelli

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