L’essere legittimati all’accesso ad un sistema informatico non esonera da responsabilità

Scritto il 10/04/2012, 08:04.

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Il 1° comma dell’art. 615-ter c.p. punisce la condotta di

chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo”.

L’interpretazione della norma è stata problematica con particolare riferimento al soggetto che, autorizzato ad accedere al sistema informatico o telematico, lo utilizzava, poi, a scopo illecito.

Opposte le posizioni della giurisprudenza: non era chiaro se, ai fini della configurabilità del reato, si dovesse aver riguardo solamente alla condotta di accesso oppure tener conto anche delle finalità soggettive perseguite dall’agente ed estranee a quelle del suo ufficio.

Secondo un primo orientamento della Suprema Corte l’abusività dell’accesso poteva ritenersi desumibile dalla mera finalità soggettiva, spesso illecita, dell’agente (Cass., Sez. V., 12732/2000; Cass., Sez. V, n. 37322/2008; Cass., Sez. V, n. 1727/2009; Cass., Sez. V, n. 18006/2009; Cass., Sez. V, n. 2987/2010; Cass., Sez. V, n. 19463/2010; Cass., Sez. V, n. 24583/2011).

Secondo un altro orientamento, invece, il reato non si configurava quando il soggetto che aveva titolo per accedere al sistema se ne avvaleva per finalità estranee a quelle di ufficio, ferma restando la sua responsabilità per i diversi reati eventualmente ravvisabili da tale condotta (Cass., Sez. V, n. 2534/2008; Cass., Sez. V, n. 26797/2008; Cass., Sez. VI, n. 39290/2008; Cass., Sez. V, n. 40078/2009).

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 4694/2012, hanno risolto il contrasto giurisprudenziale preferendo l’ultima delle interpretazioni esposte: verificare la liceità della condotta esclusivamente con riguardo al suo risultato immediato, vale a dire l’accesso.

Hanno, infatti, affermato il principio secondo cui

integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, prevista dall’art. 615-ter cod. pen., la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema posta in essere da soggetto che, pure essendo abilitato, violi le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso. Non hanno rilievo, invece, per la configurazione del reato, gli scopi e le finalità che soggettivamente hanno motivato l’ingresso al sistema”.

Il mero possesso della password d’accesso non è quindi garanzia di immunità.

Occorre rispettarne le “condizioni e i limiti impartiti dal titolare del sistema”.

Dott.ssa Maria Teresa Guerrisi

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