La scandalosa “Giurisprudenza” di Gustav Klimt

Scritto il 13/11/2012, 02:11.

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In un clima artistico mutato, il maestro della Secessione viennese presenta i segni della sua conversione artistica destando scandalo con pannelli inquietanti e oscuri.

Nel 1894 la committenza pubblica affida a Klimt la realizzazione di un ciclo di allegorie: la “Filosofia”, la “Medicina” e la “Giurisprudenza”. L’idea è quella di decorare il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna per celebrare la cultura e il trionfo della Luce sulle Tenebre.

Il primo pannello è presentato solo sei anni dopo, quando Klimt ha già manifestato le istanze artistiche della Secessione viennese, movimento antiaccademico inaugurato nel 1897 che si caratterizza per le sue riflessioni simboliche sull’oscuro senso della vita.

Nell’intero ciclo allegorico appaiono raffigurazioni di donne nude dall’aspetto inquietante e misterioso, immagini enigmatiche tese fra eros e thanatos, avvolte in un turbinio di corpi sensuali.

Niente di rassicurante, quindi, in quello che l’ambiente universitario avrebbe voluto come metafora trionfante del progresso.

A partire dalla committenza stessa, si accende quindi un vespaio di polemiche.

Dei tre pannelli, quello che suscita più scandalo è proprio “La Giurisprudenza”.

Il dipinto rappresenta una forza inconoscibile e impietosa.

La composizione segue un modello gerarchico. In basso si trova la figura del condannato, ricurvo e stretto dai tentacoli di una gigantesca piovra nera, archetipo di grande forza evocativa. Attorno al condannato appaiono tre figure femminili, le Parche che tessono il destino dell’uomo. Nella parte superiore, su uno sfondo oro, si stagliano le allegorie della Verità, della Giustizia e della Legge.

Klimt non raffigura la Giustizia come un’istituzione sociale nata a favore dell’uomo ma come una fredda punitrice.

L’ambiente accademico viennese non può accettare il messaggio di incertezza trasmesso dall’opera.

Da qui nascono numerose critiche che spingono Klimt a ritirare l’intero ciclo, che viene successivamente acquistato da un industriale ebreo, August Lederer.

La cupezza dei dipinti sembra presagire la triste sorte che segna la distruzione dei tre pannelli.

Sul finire degli anni ’30, i nazisti sequestrano numerosi quadri appartenenti alle famiglie di origine ebraica, tra cui alcuni dipinti provenienti dalla collezione “Lederer”.

Le opere confiscate sono trasferite nel castello di Immendorf che nel 1945 prende fuoco.

Secondo molte fonti, l’incendio è appiccato dalle SS in fuga per non cedere il patrimonio artistico al nemico russo.

Nell’incendio bruciano anche alcune opere di Klimt, tra cui “La Giurisprudenza”.

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