Maltrattamenti in famiglia e assenza di convivenza

Scritto il 14/08/2011, 08:08.

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Anche se non sussiste il reato di maltrattamenti in famiglia per mancanza del requisito della convivenza, l’imputato può essere condannato per altri reati.

È legittima, infatti, una riqualificazione in punto di diritto della condotta contestata nel capo di imputazione.

La Suprema Corte di Cassazione Sezione VI, con Sentenza del 24 febbraio 2010, n. 7367, ha accolto il ricorso per Cassazione del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli.

In particolare il P.G., pur avendo evidenziato l’insussistenza di una convivenza di fatto idonea a configurare il reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p., aveva chiesto la condanna dell’imputato per quelle condotte che, se pur contestate in fatto in maniera unitaria sub specie nell’articolo citato, tuttavia integravano altri fatti penalmente rilevanti.

Precisava che, sebbene tali fatti non fossero più assorbiti nella condotta di maltrattamenti in famiglia per mancanza del requisito della convivenza, tuttavia, senza violare il principio di correlazione (stante l’enunciazione in contestazione dei fatti rilevanti) né il principio della reformatio in peius, si poteva operare una diversa qualificazione dei fatti, nei diversi reati di ingiuria, lesioni, percosse e minacce in cui si era articolata nel tempo la condotta dell’imputato in danno della compagna.

D’altronde queste ultime condotte risultavano esplicitamente segnalate nel capo di imputazione sebbene non erano stati contestati i rispettivi reati.

La Corte, dunque, in accoglimento di tali argomentazioni esposte dal P.G., ha ribadito che è conforme al diritto processuale una “riqualificazione” in punto di diritto della stessa condotta, e conseguentemente ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello per un nuovo giudizio sui capi impugnati.

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