Come evitare che il cliente veda l’avvocato come un confidente?

Scritto il 13/11/2011, 07:11.

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A volte capita che l’avvocato sia visto dal cliente come un ‘confidente’. Questo può accadere, per esempio, durante una causa di separazione. Come evitarlo?

Qui entriamo in un terreno impervio, fatto di umani sentimenti difficili da gestire. In una causa di separazione entrano in gioco davvero tante dinamiche emozionali che spesso confondono le carte oggettive del processo. Qui il bravo avvocato dovrebbe essere un po’ psicologo, nel senso che dovrebbe capire quali sono le reali motivazioni della separazione, quindi scindere l’emotività dal lavoro reale che va effettuato.

Tutto questo senza cadere nella trappola del cliente che cerca di trasformare l’avvocato nel confidente-terapeuta. Sì sì, trappola, difficile da capire per un avvocato ma non per un terapeuta che spesso deve ‘difendersi’ dalle dinamiche del cliente.

Facciamo una moviola in campo. Cosa succede? Arriva il cliente confuso, emotivo, problematico (siamo sempre in Italia, dove il professionismo è ancora una cosa non proprio istituzionale), il cliente piange, racconta la sua storia, vuole intentare la causa, racconta, racconta, magari piange si adira, l’avvocato si intenerisce, la causa ne perde di oggettività, l’avvocato si impelaga sempre di più, non riesce a lavorare in modo freddo e non riesce a gestire il cliente e la causa, il cliente poi da amico si trasforma in rancoroso vendicatore, se la prende anche con l’avvocato, non vuole pagare, insomma un disastro. Vi ricorda qualcosa? Bene. Cosa è successo? Di nuovo siete stati vittime dell’inconscio!

Cosa si può fare? Innanzitutto sarebbe bene che gli avvocati imparassero a conoscere meglio la psicologia con un corso o con un training personale, intanto qualche suggerimento può aiutare. Quando arriva il cliente in lacrime, provate ad ascoltarlo in modo distaccato senza ‘entrare’ emotivamente nella sua dinamica, proprio per rimanere lucidi ed essere in grado di aiutarlo, quindi spiegate molto lentamente e tranquillamente che, pur capendo il problema dal punto di vista umano, voi avete fatto studi legali, e a vostra discrezione consigliate un supporto psicologico in una difficile fase di transizione (io consiglio di tenervi da conto dei bigliettini di qualche terapeuta di vostra fiducia).

Ora sgombrato il campo dall’emozione e ricordato anche a voi stessi che siete dei professionisti, riconducete la consulenza sul piano squisitamente legale! Avrete fatto così un doppio servizio, aiutando realmente il cliente e migliorando la vostra professionalità. Poi, se il terapeuta è bravo, un momento difficile si trasformerà in un momento di crescita per il cliente e il vostro lavoro con lui sarà più facile e gratificante!

Dott.ssa Chiara Cecconi

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