Il carcere non può aspettare
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Il 5 novembre u.s. l’Unione delle Camere Penali Italiane ha proclamato l’astensione dalle udienze per il giorno 22 novembre per l’emergenza carcere, anche come occasione di civile protesta (per una situazione, quella dei detenuti, che di “civile” non ha nulla) perché “al di là dei proclami governativi” e dei soliti, noiosi e sterili “buoni propositi della politica”, nulla di realmente efficace è stato fatto.
Allo scopo di documentare le condizioni di vita cui sono costretti i detenuti in Italia, delegazioni formate da componenti della Giunta UCPI, dell’Osservatorio Carcere UCPI e delle Camere Penali territoriali hanno visitato molte carceri, tra cui Roma, Palermo, Napoli, Milano, Bologna, Torino, Genova, Firenze, Trieste, Catania, Sulmona, Siracusa, Rovigo, Udine, Saluzzo, Ferrara, Pistoia.
Il resoconto di queste visite è stato raccolto nella pubblicazione “Prigioni d’Italia”.
Nell’ambito di questa iniziativa, lo scorso 25 luglio una delegazione UCPI (Giunta e Osservatorio Carcere) e Camera Penale di Roma visitava il carcere romano di Regina Coeli, constatando direttamente un quadro drammatico che va ben oltre ogni immaginazione.
Nonostante la chiusura di due sezioni per ristrutturazione, la presenza dei detenuti nel carcere romano è superiore del 50% rispetto alla capienza.
Dove dovrebbero trovare alloggio 3 detenuti ne sono in realtà ospitati 6, sino all’alloggiamento anche di 10 persone in spazi comuni, sottratti alla socialità.
Su 987 detenuti presenti, 891 sono detenuti in custodia cautelare, tra i quali 467 sono ancora in attesa del primo grado di giudizio. Sono certamente numeri che si commentano da soli, conseguenza di un sistema giudiziario che non si è mai realmente spogliato della connotazione autoritaria e che trova nella pena detentiva l’unica, privilegiata risposta.
Sono numeri che ci ribadiscono il problema dell’abuso della custodia cautelare in carcere e che dimostrano come lo strumento cautelare sia stato pian piano snaturato, assumendo i connotati di strumento repressivo ed inquisitorio.
Sono numeri che ci confermano come di fatto la Legge Gozzini sia stata quasi annullata dai divieti di carattere soggettivo e oggettivo, via via occasionati dal crescente allarme sociale, dalle sovrastanti domande di sicurezza e dalla costante inadeguatezza delle risposte.
Sono solo numeri, ma dietro ogni singolo numero c’è un detenuto che fa i conti, ogni giorno, con l’assoluta negazione dei diritti umani.
Ecco perché, come osserva l’UCPI, noi non aspettiamo più.
Avv. Paola Rebecchi
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