ART. 41-BIS: È LEGITTIMO IL DIVIETO DI RICEVERE LIBRI DALL’ESTERNO

Scritto il 11/05/2015, 10:05.

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Arcimboldo 'Librarian', immagine di pubblico dominio1. La ratio del regime detentivo speciale e le disposizioni ministeriali
La Corte di cassazione, con ripetute sentenze, ha chiaramente riconosciuto la legittimità delle disposizioni del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) concernenti le modalità di acquisizione, da parte dei detenuti “41-bis”, di libri, riviste e giornali. Disposizioni che, nel corso degli ultimi anni, hanno suscitato critiche dottrinali e un rilevante contenzioso giurisdizionale.
La controversa vicenda giudiziaria ha avuto inizio con l’adozione, da parte del Dap, della circolare 16 novembre 2011, con la quale, tra l’altro, è stata vietata ai detenuti 41-bis la ricezione (e la ritrasmissione all’esterno) di quotidiani, libri o riviste, tanto tramite pacco postale quanto mediante consegna da parte dei congiunti in occasione dei colloqui. In altri termini, l’Amministrazione ha stabilito che le persone sottoposte al regime detentivo speciale possano acquistare pubblicazioni, soltanto per mezzo della c.d. impresa di mantenimento o «direttamente in libreria tramite personale» delegato dalla direzione.
Tale regolamentazione è stata introdotta per contrastare più efficacemente eventuali comunicazioni fraudolente con l’esterno di questa particolarissima categoria di detenuti.
Si deve, infatti, tenere presente che lo scopo precipuamente perseguito dalle disposizioni dell’art. 41-bis, commi 2 e ss, O.P. consiste nell’impedire ai “boss” di mantenere contatti con gli altri membri della consorteria mafiosa – terroristica o eversiva – di appartenenza. Essenzialmente per tale ragione, la legge attribuisce al Ministro della giustizia il potere di sospendere, in tutto o in parte, le normali regole del trattamento penitenziario nei confronti degli appartenenti alla criminalità organizzata ritenuti maggiormente pericolosi. Tale sospensione dà luogo ad una modalità di detenzione differenziata caratterizzata dall’adozione di elevate misure di sicurezza nonché da significative restrizioni, concernenti, ad esempio, i colloqui e le telefonate, il controllo della corrispondenza, la ricezione dei pacchi, la permanenza all’aperto. Per il tipo di trattamento penitenziario che comporta, il regime speciale 41-bis viene spesso etichettato come “carcere duro”, ma la sua raffinata funzione di prevenzione di ulteriori reati e pericoli per l’ordine pubblico rende preferibile la diversa definizione di “carcere intelligente” (S. Ardita).

2. Le censure di una parte della Magistratura di sorveglianza
Molti tra i destinatari della circolare in materia di ricezione di libri e giornali ne hanno contestato la legittimità, rivolgendosi alla Magistratura di sorveglianza. Quest’ultima, in non pochi casi, ha accolto i reclami presentati dai detenuti.
Due sono stati i principali profili di invalidità della direttiva ministeriale rilevati all’esito dei procedimenti giurisdizionali.
In taluni giudizi, si è ritenuto che il divieto di ricevere direttamente dall’esterno volumi e periodici può cagionare gravi difficoltà ai detenuti nella scelta e nell’approvvigionamento delle pubblicazioni. Pertanto, la disposizione dell’Amministrazione è stata valutata come contrastante tanto con la libertà di informazione, sancita dall’art. 21 Cost., quanto con il diritto alla rieducazione mediante lo studio, tutelato dall’art. 27, comma 2, Cost..
In altri casi, invece, la circolare è stata considerata lesiva della libertà di corrispondenza delle persone ristrette, prevista dagli articoli 15 della Carta fondamentale e 18-ter O.P. . Tali norme, come noto, stabiliscono che qualsivoglia limitazione al tale libertà fondamentale possa avvenire soltanto su disposizione di un giudice; dunque la circolare – essendo un atto amministrativo che vieta la ricezione di libri via posta – invaderebbe illegittimamente un campo riservato alla sola autorità giudiziaria.

4. La posizione della Corte di cassazione favorevole alla circolare
Tali decisioni della Magistratura di sorveglianza non sono state, però, condivise dalla Corte di cassazione che, contrariamente ai giudici di primo grado, ha considerato pienamente legittime le regole introdotte dalla circolare.
Ad avviso della suprema Corte, innanzitutto, non è fondata la prima delle contestazioni mosse dai magistrati alle direttive del Dap. Queste ultime, invero, non hanno «in alcun modo limitato il diritto del detenuto ad informarsi o studiare». Il ristretto, infatti, conserva la piena libertà di scegliere le proprie letture (quotidiani, libri o riviste), con l’unico vincolo di procurarsi tali beni passando per canali sicuri (impresa di mantenimento o direzione). Sono, così, evitati gli scambi sospetti con i familiari, ma senza introdurre restrizioni alla possibilità di ottenere pubblicazioni in libera vendita all’esterno (sent. 25325/2014).
Anche la censura fondata sulla presunta violazione della libertà di corrispondenza è stata ritenuta erronea dalla giurisprudenza di legittimità. Infatti, l’art. 18-ter, comma 1, ord. penit. distingue esplicitamente fra la «corrispondenza epistolare e telegrafica», da un lato, e la «ricezione della stampa», dall’altro. A ben vedere, la circolare del Dap concerne esclusivamente la seconda, senza minimamente incidere sulla possibilità del detenuto di comunicare tramite lettera o telegramma (sent. 46783/2014).
Per queste ragioni, dunque, la suprema Corte è giunta all’inequivocabile conclusione per cui i criteri organizzativi adottati dalla circolare rientrano nella sfera di discrezionalità dell’Amministrazione penitenziaria e «non possono essere dichiarati illegittimi dal giudice ordinario» (sent. n. 42902 /2013).

4. Conclusioni
L’orientamento della Corte di cassazione, nonostante sia stato criticato in dottrina (M. Ruotolo), appare molto convincente, in quanto la circolare del Dap non vìola alcun diritto costituzionale dei detenuti ed è coerente con la ratio del regime detentivo speciale (F. Falzone – F. Picozzi).
È chiaro che libri e periodici provenienti dall’esterno, soprattutto se voluminosi (si pensi a piccole enciclopedie o vocabolari), potrebbero celare messaggi illeciti, assai difficili da scoprire da parte dei poliziotti penitenziari addetti ai controlli. Infatti, sarebbe agevole inserivi messaggi criptati, magari mediante piccole annotazioni o sottolineature di parole, o addirittura intere pagine, prodotte con una buona stampante, assolutamente identiche a quelle del libro spedito o consegnato al detenuto.

Francesco Picozzi

Tratto da “L’eco dell’Istituto superiore di studi penitenziari”, 2015, n. 2

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